martedì 14 dicembre 2010

Isn't it ironic ... don't you think?

L'altra volta ho cominciato parlando di IRONIA. Pensate a un refuso? A una frase buttata lì e poi lasciata a morire? A una trama cominciata e poi mai sviluppata? Siete in errore.
Se l'altra volta vi ho spiegato le motivazioni. Ora, proseguendo il filo logico della genesi di questo progetto, passo parlarvi della causa scatenante di questo delirio. La passione, dite? L'aspirazione all'emulazione dei propri idoli? Ci avete provato, ma no. Facciamo un passo indietro.
Il mondo dei fumetti è fatto di diverse categorie: l'appassionato, lo scrittore e il disegnatore. Naturalmente qui parlo di macrocategorie, che sono a loro volta interscambiabili e suddivisibili in categorie più specifiche. La peggiore, se fosse davvero possibile fare una classifica del peggio di quanto manga e comics vari possono generare, sarebbe da ricercare nella fusione tra la figura dello scrittore e quella dell'appassionato, specie se nostalgico, specie se nerd, specie se estremamente sognatore. Il soggetto in questione, come anticipato nel precedente post, cercherà in tutti i modi di avvicinarsi sempre più al proprio fumetto culto, cominciando a immedesimarsi nei protagonisti, emulando le loro mosse, applicandosi a sondare in profondità sfumature e complessità, finendo a immaginare retroscena e strade tangenti, a volte parallele, in un infinito divenire di nuove fantasie. Nulla di strano allora nel vedere queste tristi figure rileggere più e più volte lo stesso fumetto, auspicandone un seguito e al contempo temendolo, frequentare forum e siti dedicati, solo per sviscerare il significato nascosto nel non detto, o agitare le membra nell'aria, mentre fronteggiano amici, colleghi e conoscenti, impersonando uno degli scontri famosi.
"Il Fulmine di Pegaso, è un colpo da pippe", dirà uno.
"L'Other Dimension che male dovrebbe farti, scusa? È solo un teleport, alla fine", ribatterà l'altro.
Come dire, dialogo tra giovani aspiranti Cavalieri dello Zodiaco che criticano i colleghi e sminuiscono il potere del capo. Funziona, no? No, appunto. Perché quelli che parlano, di solito, hanno poco o nulla dei Saint di Atena: normalmente gracilini, dotati di poca costanza e generalmente poco determinati, indisciplinati, sono troppo imbevuti di cultura occidentale per riconoscere veramente nella giustizia un valore.
Inevitabile, quindi, che amici e conoscenti, bersaglino il SaintSeiya-fan, già pesantemente colpiti dal destino, come tutti i nerd, con i peggiori sfottò: sono gay, stanno sempre a far scale, vanno dietro a una dea rincoglionita…e voi siete uguali a loro. E noi a gioire del paragone, mal interpretando l'insulto!
Io poi ho una fortuna a dir poco singolare: sono pieno di amici disegnatori. E io disegnatori che fanno? Disegnano, anche quando sono al telefono, anche quando mangiano, anche quando…avete capito…
Per cui uno di loro, il buon Paolo Clementi (che sarebbe ora che riprendesse in mano le matite...), ormai stanco dei miei deliri, si è preso la briga di frugare tra i miei inestricabili bozzetti, che riprendevano il connubio tra la mia passione e una piccola mania di mia moglie, e ha confezionato questa mia singolare reincarnazione fumettosa a mo' di sfottò...


è passato qualche anno, ma la cosa sembra faccia ancora scompisciare dalle risa chi la incrocia. Un tantino ironico, non vi pare?

giovedì 11 novembre 2010

What if

Bisogna sapersi prendere con ironia. O, almeno, ci hanno convinto che deve essere così. È una maniera comoda, magari anche solo una scusa, per evitare di dover riempire di botte i propri amici/colleghi/conoscenti. E considerate che siamo una generazione cresciuta a pane e cartoni animati giapponesi, tutti botte e tette di fuori, e perciò inclini a violenze gratuite e reiterate. Brutta gente, già. Per cui è d'obbligo porsi dei limiti, darsi delle direttive, uno stile di vita, per prenderla con ironia…
Intanto gli anni passano e gli ex-bambini non si sanno stancare di cartoni animati giapponesi e botte. Binomio inscindibile, sembra: Ken Shiro, Rocky Joe e tutta un'infilata di Super Robottoni ne sono la conferma più lampante. Non perdono l'occasione per farcelo notare. Siamo dipendenti da un male che si alimenta da solo. Così noi, figli dell'atomo, gente della notte e fanciulli con addosso una lunga serie di epiteti, che varia dal poetico all'offensivo pesante, lungi dal voler negare questa nostra dipendenza e questa stretta correlazione, ci siamo ritrovati a volerne esserne autori. C'erano domande a cui rispondere e noi non potevamo esimerci da questa missione (o forse eravamo troppo allucinati per vedere un'altra strada): e se Toki non fosse stato malato, sarebbe stato più forte di Raul e Ken? E se Caesar non fosse stato abbagliato, avrebbe sconfitto Wamoo? E se Goku non avesse perso la cosa, sarebbe diventato fin da subito Super Sayan 4?
Ammettetelo: ci siete posti tutti almeno una volta a questi o altri deliranti enigmi. Chi diventa autore di fumetti, prima di tutto, questi quesiti non riesce a torglierseli dalla mente. Ci lavoro, ci si logora, ci sragiona, e alla fine comincia a elaborare un seguito, o un prequel, o una sua versione alternativa, per dare giustizia a personaggi carismatici ma sfortunati, o anche solo per analizzare LA domanda: what if? E se...?
Così anche chi riesce a fare carriera e a poter portare sulla carta d'identità la dicitura "fumettista" alla voce "professione", prima o poi ricasca in questi circoli viziosi  e i suoi personaggi, creati ex novo per una storia che magari si stacca completamente da quelli che sono i fumetti della sua formazione, i suoi personaggi dicevo prenderanno delle decisioni che sono influenzate dagli errori di queste serie mitiche e andranno a colmare le lacune di trame che non li hanno mai visti protagonisti. Perché dentro ogni fumettista rimane sempre vivo il ragazzo che avrebbe fatto una scelta diversa nell'evoluzione della trama di Dragonball o delle Bizzarre Avventure di Jojo. E quel fanciullo anela di poter riscrivere quelle storie o di poter narrare gli antefatti, perché queste storie, questi miti che ci portiamo dentro sono vivi. È per questo che ci piacciono tanto. E allora non ci stanchiamo mai di parlarne, di litigare perfino per delle sfumature della trama, perché la nostra curiosità non è mai sazia e deve essere nutrita con ogni più piccola nozione, anche a costo di scrivercela noi stessi.
Per cui quando vieni a sapere che ci sono guerre che vanno avanti dal tempo dei miti, che a combatterle ogni duecentoquaranta anni circa sono guerrieri che ereditano le armature delle generazioni precedenti, vestigia che portano nomi di altrettanti eroi di mitiche storie, devi, devi, DEVI conoscere almeno la trama di fondo di ogni storia, la successione maestro allievo, se si sono distinti o meno nelle precedenti Guerre Sacre o anche semplicemente cosa facevano in periodi di pace relativa. Ecco perché siamo qui. Per questo mio patologico bisogno di tutto chiò che riguarda i Cavalieri dello Zodiaco
Mi chiamo Nebbioso e sono Saint Seiya dipendente. Spero che parlarne mi possa aiutare…